Nella risoluzione del 24 maggio 2012 in materia di “Europa efficiente sotto il profilo delle risorse”, il Parlamento ha sottolineato che il disaccoppiamento della crescita economica dal consumo di risorse è essenziale per migliorare la competitività dell’Europa e ridurre la sua dipendenza dalle risorse. Ha inoltre sottolineato la necessità di sostenere l’innovazione e gli investimenti in nuove tecniche e modelli di business, come una società di leasing.
Nella risoluzione del 12 dicembre 2013 in materia di “ecoinnovazione – occupazione e crescita attraverso la politica ambientale”, il Parlamento ha chiesto un’ambiziosa politica industriale sostenibile con un accento sull’efficienza delle risorse e ha sottolineato i doppi vantaggi ambientali ed economici della transizione verso un’economia verde sostenibile.
Nella risoluzione del 9 luglio 2015 in materia di “efficienza delle risorse: verso un’economia circolare”, il Parlamento ha esortato la Commissione a presentare una proposta ambiziosa entro la fine del 2015. Per quanto riguarda la proposta legislativa sui rifiuti, il Parlamento ha auspicato, tra l’altro, di limitare rigorosamente l’incenerimento dei rifiuti riciclabili e biodegradabili entro il 2020; attuare gradualmente, entro il 2030, il divieto di collocamento in discarica (ad eccezione di alcuni rifiuti pericolosi e rifiuti residui); e aumentare gli obiettivi per il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo ad almeno il 70% dei rifiuti solidi urbani e l’80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030. Il Parlamento ha chiesto che gli obiettivi nazionali e dell’UE per aumentare l’efficienza delle risorse del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2014 e per un “cruscotto” di indicatori per misurare vari aspetti del consumo di risorse. Ha inoltre richiesto una revisione della legislazione sulla progettazione ecocompatibile e della pertinente legislazione sulla politica dei prodotti, per includere gradualmente requisiti obbligatori in materia di efficienza delle risorse, misure che promuovono lo sviluppo dei mercati per le materie prime secondarie, appalti pubblici verdi obbligatori e mobilitazione dei fondi dell’UE per l’efficienza delle risorse . Il Parlamento ha, inoltre, sottolineato che le politiche in materia di istruzione e formazione dovrebbero tenere conto delle “competenze verdi” necessarie nella transizione verso un’economia circolare.
Il 2 dicembre 2015 la Commissione Europea ha presentato un nuovo pacchetto sull’economia circolare. Trattasi di un pacchetto di misure volte ad aiutare le imprese e i consumatori europei a effettuare la transizione verso un’economia più circolare e forte, dove le risorse vengono utilizzate in modo più sostenibile. Attraverso un maggior ricorso al riciclaggio e al riutilizzo, le azioni proposte costituiscono “l’anello mancante” nel ciclo di vita dei prodotti, a beneficio sia dell’ambiente che dell’economia. L’obiettivo, da raggiungersi entro il 2030, è trarre il massimo valore e il massimo uso da materie prime, prodotti e rifiuti, promuovendo risparmi di energia e riducendo le emissioni di gas a effetto serra. Le proposte della Commissione riguardano l’intero ciclo di vita: dalla produzione e il consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato per le materie prime secondarie. La transizione sarà finanziata dai fondi SIE, da 650 milioni di EUR provenienti da “Orizzonte 2020” (il programma di finanziamento dell’UE per la ricerca e l’innovazione) e da 5,5 miliardi di EUR provenienti dai fondi strutturali per la gestione dei rifiuti, e mediante investimenti nell’economia circolare a livello nazionale.
Il pacchetto sull’economia circolare, superando i compartimenti stagni in seno alla Commissione, contribuisce a priorità politiche di ampio respiro, affrontando le problematiche dei cambiamenti climatici e ambientali e stimolando la creazione di posti di lavoro, la crescita economica, gli investimenti e l’equità sociale.
Le azioni chiave di cui al predetto pacchetto includono:
- finanziamenti per oltre 650 milioni di EUR provenienti da Orizzonte 2020 e per 5,5 miliardi di EUR dai fondi strutturali;
- azioni per ridurre i rifiuti alimentari, compresa una metodologia comune di misurazione, una migliore indicazione della data di consumo, e strumenti per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile globale di ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030;
- lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli operatori nel mercato unico;
- misure nell’ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l’efficienza energetica;
- la revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;
- una strategia per le materie plastiche nell’economia circolare, che affronta questioni legate a riciclabilità, biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose nelle materie plastiche e, nell’ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l’obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;
- una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue.
Sempre in Unione Europa, più di recente si sta riscontrando una evoluzione dell’economia circolare nel senso di centralizzare la figura del singolo cittadino, facendogli conquistare nuovi poteri.
A seguito dell’approvazione della direttiva 2018/2001/UE e più in generale del c.d. “quarto pacchetto energia”, ad esempio, il cittadino può infatti produrre attraverso micro-impianti (solari, eolici, ecc.) l’energia da fonti rinnovabili e poi venderla, anche senza intermediazione, direttamente ad altri soggetti privati, così contribuendo in prima persona al raggiungimento delle soglie di produzione da fonti rinnovabili e alla riduzione delle emissioni imposte a livello europeo.
In tale contesto si tende a rendere anche il cittadino protagonista di forme finora inusitate di economia circolare, realizzate attraverso lo scambio di energia rinnovabile tra vicini. Al modello della smart grid centralizzata, tuttora enfatizzata quale emblema della smart city, intesa proprio come una nuova declinazione delle politiche di rigenerazione, si inizia pertanto ad associare (seppur in un’ottica meramente complementare) anche il sistema micro-grid, costituito da una rete privata decentralizzata che delinea un modello di città ancor più innovativa: si pensi a tal proposito al famoso progetto “Brooklyn Microgrid”, ove le tecnologie emergenti sono state utilizzate per consentire lo « scambio tra pari » di energia autoprodotta tra vicini.
Non trascurabile è pure il contributo alla rigenerazione offerto dalle c.d. “imprese di comunità”, la cui attività spesso finisce per sovrapporsi a quella posta in essere dall’ente pubblico locale — stante la comunanza dei fini, del territorio e della base sociale — o mira a supplire le inefficienze dello stesso. Si può citare in tal senso il caso Alston Cybermoor: in breve, le imprese di una comunità sita nella brughiera collinare dell’Inghilterra settentrionale hanno fondato una cyber-comunità dinamica per realizzare collegamenti rurali-urbani e superare il proprio isolamento, garantendo anche l’accesso alla banda larga ad alta velocità. Da tale iniziativa sono poi nate ulteriori imprese, operanti nei settori delle biciclette elettriche, della produzione comunitaria di energia idroelettrica e dei trasporti comunitari locali.
* * * * *
Quanto all’Italia, dal primo Rapporto nazionale 2019 sul modello dell’economia circolare realizzato dal Circulary Economy Network, in Europa risulta essere al primo posto in questo ambito. Al secondo posto nella classifica delle principali economie europee troviamo il Regno Unito e poi la Germania, la Francia e la Spagna.
In Italia, secondo un’indagine realizzata da Coldiretti nel 2019, il giro d’affari dell’economia circolare vale 88 miliardi di euro. Secondo il 59% degli italiani grazie alla green economy possono nascere nuove opportunità di lavoro per accompagnare lo sviluppo sostenibile del Paese.
* * * * *
Come si può evincere, dunque, il concetto di economia circolare è in fase di sviluppo con emersione di sempre nuove sue declinazioni.
La completa transizione verso un’economia più circolare può portare numerosi vantaggi per il pianeta, per le imprese e per i consumatori.
I vantaggi per il pianeta derivanti dal sistema di economia circolare si possono riassumere come di seguito:
- riduzione del surriscaldamento dell’atmosfera causato dalla CO2 emessa principalmente per la produzione energetica, per l’attività industriale e per i trasporti;
- riduzione dei danni causati dall’inquinamento dell’aria;
- benefici derivanti dalla riduzione dell’uso della plastica e , quindi, dei danni derivanti dal suo utilizzo.
Quanto ai vantaggi per le imprese, si segnala che non solo l’economia circolare protegge l’ambiente e permette di risparmiare sui costi di produzione e di gestione, ma è in grado anche di garantire utili alle aziende. Secondo il Parlamento europeo, grazie a misure come prevenzione dei rifiuti, ecodesign e riutilizzo dei materiali, le imprese europee otterrebbero un risparmio netto di 600 miliardi di euro, pari all’8% del fatturato annuo, e ridurrebbero nel contempo le emissioni totali annue di gas serra del 2-4%.
Si rappresenta, infine, che con l’economia circolare i consumatori potranno avere anche prodotti più durevoli e innovativi in grado di far risparmiare e migliorare la qualità della vita. Ad esempio, ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli potrebbe portare a un risparmio di materiale per €6,4 miliardi all’anno (circa il 15% della spesa per materiali) e €140 milioni in costi energetici, con una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 6,3 milioni di tonnellate.
* * * * *
Attualmente la transizione verso l’ economia circolare è sostenuta da un numero sempre maggiore di politiche e iniziative. Tuttavia, persistono ancora delle specifiche barriere politiche, sociali, economiche e tecnologiche a una realizzazione pratica e a un’accettazione più ampie, quali quelle di seguito elencate:
- alle imprese mancano spesso la consapevolezza, le conoscenze o la capacità di mettere in pratica le soluzioni dell’economia circolare o i sistemi, le infrastrutture, i modelli economici e la tecnologia di oggi possono bloccare l’economia in un modello lineare;
- gli investimenti nelle misure di miglioramento dell’efficienza o nei modelli imprenditoriali innovativi restano insufficienti, in quanto percepiti come rischiosi e complessi;
- la domanda di prodotti e servizi sostenibili può continuare a essere bassa, in particolare se questi implicano modifiche dei comportamenti;
- spesso i prezzi non rispecchiano il vero costo dell’uso di risorse ed energia per la società;
- i segnali politici per la transizione verso un’economia circolare non sono abbastanza forti e coerenti.
Conclusivamente si rappresenta che dare impulso ad uno sviluppo sempre maggiore dell’economia circolare possono generare, in tutta l’UE, risparmi netti per le imprese con aumento della produttività delle risorse che entro il 2030 potrebbe far salire il PIL quasi dell’1% e creare oltre 2 milioni di posti di lavoro rispetto a uno scenario economico abituale.
Per il mondo delle imprese , si tratta di trasformare lo spreco in valore. Ed è importante sottolineare che «spreco», in questa sede, non è riferito solo agli scarti materiali, cioè ai rifiuti, ma anche al loro non totale utilizzo.
Trasformare lo spreco in risorsa non solo ha senso dal punto di vista finanziario, ma permette di far affermare e sviluppare imprese ed economie in crescita senza far aumentare la necessità di risorse naturali sempre più limitate. Essenzialmente ci farebbe passare da una crescita basata sulle risorse a una nuova era di crescita basata sull’efficienza. Nello stesso tempo non solo lo spreco, ma il concetto stesso di spreco verrebbe eliminato, grazie alla consapevolezza che ogni risorsa ha un valore potenziale al di là del suo impiego attuale.
Progetto finanziato dal Mise, Legge 388/2000 Anno 2021